Un articolo sulla rivista The Atlantic riporta una serie di notizie pubblicate su giornali U.S.A. esattamente cinquant'anni fa: già allora si evidenzia il tema della privacy e dei dati personali ma il punto di vista era completamente diverso! Oggi non si tratta più del fatto che qualcuno conosca le nostre abitudini ma che possa usare i nostri dati per fare truffe...
Già 50 anni fa i primi timori per la privacy...
ma il rischio ipotizzato a causa dell'informatica era ben lungi dall'essere quello attuale!
La lettura di un articolo sulla rivista The Atlantic che riporta una serie di notizie pubblicate su giornali U.S.A. esattamente cinquant'anni fa è l'occasione per riflettere come si modifichi nel tempo la percezione dei rischi in base alle novità introdotte dalla tecnologia.
"How Do You Shower?" (Come ti fai la doccia?)
"il membro del Congresso Jerome Waldie, un democratico della contea di Contra Costa, è molto arrabbiato per la proposta di istituire il National Data Center a Washington, che, al solo tocco di un pulsante del computer, riverserebbe tutto quello che c'è da sapere su qualsiasi cittadino degli Stati Uniti. Si lamenta giustamente che un simile piccione elettronico sarebbe un'arma irresistibile per qualsiasi governo con ambizioni dittatoriali, e vede alcune delle sue potenzialità diaboliche in questioni che ora vengono prese in considerazione per il censimento del 1970 - domande come quanto sia grande il mutuo, come sono state previste molte gravidanze e se le docce sono state prese singole o doppie. Condividiamo le sue apprensioni. Siamo d'accordo con lui sul fatto che tutto questo è parte di una tendenza del governo per molestare il cittadino e invadere la sua privacy. Seguiamo le sue lamentele, ma non nutriamo alcuna speranza che tali lamenti fermino o addirittura impediscano il progresso a causa di dispositivi elettronici e processori di dati."
C'è qualcosa che vi torna?
Certo, già cinquant'anni fa qualcuno si era posto il problema della protezione dei dati personali ma cosa succede oggi? Oggi il punto focale si è spostato molto più avanti!
Che qualcuno (Google) sappia che macchina possediamo, che televisore o che vestito vorremmo comprare o dove vogliamo andare in vacanza non interessa a molti: si chiama "miglioramento dell'esperienza di navigazione"!
E' un baratto fra alcuni nostri dati personali con qualcosa che qualcun altro ci regala: l'account di posta? Gratis! Il browser internet? Gratis! Il navigatore satellitare (che va anche anche molto meglio di quello che abbiamo pagato 200 euro o addirittura 1000 quando abbiamo comprato la macchina)? Gratis! L'editor di testo? Gratis! Il foglio elettronico? Gratis!...
Certo, se poi quando ci mettiamo a navigare su internet casualmente salta fuori un banner con la pubblicità di quella macchina, di quel televisore o di quella marca di vestiti o di borse che avevamo guardato... perchè no? E' così comodo!!
Il problema
Il problema quindi non è più il fatto di sapere come facciamo la doccia, ma semmai è se qualcuno riesce ad impadronirsi di alcuni nostri dati per fare una truffa (senza entrare nei dettagli delle truffe ai privati di cui son piene le cronache, ultimanente sono diventati frequenti i casi di truffa alle aziende, in cui il truffatore ordina delle merci spacciandosi per qualcun altro come avevamo riportato poco tempo fa in questo articolo: "Continuano i tentativi di truffa alle aziende che esportano") o se a causa di un cosiddetto "ransomware" (un software che cripta tutti i dati e per riaverli viene chiesto un riscatto) si bloccano le attività di un'azienda, a volte i "blackout" prima di riuscire a ripristinare tutto possono durare anche una settimana o più!
Una volta attivato, un ransomware blocca il funzionamento dell'intera rete aziendale, l’accesso ai sistemi informatici e a file estremamente importanti, causando sia gravi danni finanziari sia reputazionali.
Mancanza di consapevolezza e futuro sempre più rischioso
La maggior parte delle aziende sembra essere poco informata sui potenziali rischi che si corrono se si è colpiti da un ransomware: molte aziende non hanno ancora messo in atto alcuna strategia per contrastare con successo questa tipologia di rischio. Il 63% delle organizzazioni non hanno alcuna politica ufficiale contro i ransomware. La paura di non riuscire ad accedere alle informazioni più importanti spinge la metà delle aziende a pagare la richiesta di riscatto degli hacker per ripristinare reti e dati. Lo scorso anno il riscatto richiesto si aggirava mediamente fra i 600 e i 1.600 dollari per le PMI con costi ben maggiori (tra i 4.000 ai 6.000 dollari o più) per le aziende più grandi.
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Cosa fare?
Affrontare queste minaccie non è più alla portata di tutti, soprattutto quando si tratta di piccole (ma anche medie!) aziende. Per ridurre al minimo la possibilità di esser vittime di una violazione informatica è necessario un attento studio della situazione e l'eventuale potenziamento delle difese della struttura informatica ed infine la messa in atto di procedure e, molto importante, la formazione del personale.
Da qualche tempo il mercato assicurativo viene in aiuto alle aziende offrendo diverse soluzioni di "Polizza Cyber" per coprire le esigenze di professionisti e della piccola come della grande azienda.
La polizza Cyber protegge dalle responsabilità derivanti da violazione dei dispositivi di sicurezza e da violazione della privacy relativa alla perdita o diffusione non autorizzata di dati di terzi coprendo, ad esempio, costi di notifica, di pubbliche relazioni e di investigazione e recupero dei dati; ma soprattutto protegge anche dalla perdita di profitti conseguenti all’interruzione di attività, compresi i casi in cui il sistema informatico sia gestito da un fornitore.