Il recente report di Confindustria evidenzia come le PMI italiane abbiano reagito bene ad una serie di shock quali la pandemia, l'inflazione e il conseguente aumento dei tassi d'interesse. I dati presi in esame lasciano tuttavia ipotizzare una possibile inversione di tendenza nei prossimi due anni. Sono infatti emerse alcune significative problematiche, come ad esempio il divario nord-sud e l'aumento dei mancati pagamenti. Quest'ultimo rappresenta un indicatore cruciale per l’analisi dello stato di salute della nostra economia, in quanto spesso anticipa importanti sviluppi del ciclo economico.
Le PMI italiane
Il Rapporto Regionale PMI 2023, curato dall’Area “Affari Legislativi, Regionali e Diritto di Impresa” di Confindustria e da Cerved, analizza la struttura e l’evoluzione dello stato di salute delle piccole e medie imprese italiane da una prospettiva territoriale. Studiati i conti economici di 160mila PMI sui dati di consuntivi 2021, attraverso i modelli predittivi economici-finanziari di Cerved nel rapporto evidenziamo l'attenzione alle abitudini ed eventuali ritardi di pagamento delle imprese. L'analisi mostra un netto miglioramento dei DSO e dei giorni concordati rispetto ai valori del biennio 2020-2021, caratterizzati dalla pandemia di Covid-19, tuttavia questi valori non hanno ancora raggiunto i livelli del 2019 e nel report si prevede un peggioramento nei prossimi anni.
Raccolta dei dati
I dati di pagamento sono raccolti tramite Payline, un database di proprietà di Cerved. L'analisi svolta è relativa a:
- Andamento dei mancati pagamenti
- Abitudini di pagamento
- Rischio prospettico delle PMI
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Andamento dei mancati pagamenti
Il numero di insolvenze registrato a dicembre 2022 risulta maggiore del 4,3% rispetto a dicembre 2021 (rispettivamente 29,4% e 25,1%). Tuttavia questi valori restano ben lontani da quelli fatti segnare nel biennio 2019-2020, al di sopra del 33%. La situazione è differenziata nelle varie zone d'Italia:
- nel Nord-Ovest i mancati pagamenti aumentano del 4,6% rispetto all'anno precedente (27,2% del totale);
- nel Nord-Est vi è un incremento del 3,5% (22,7%);
- nel Centro si registra una variazione del 3% (32%);
- nel Mezzogiorno si verifica un aumento del 5,8% (39,6%).
Tra le regioni che saldano la percentuale maggiore di fatture troviamo: il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia e Veneto. Quelle che hanno una percentuale maggiore di insolvenze sono: la Sicilia, il Molise e la Sardegna.
Valore delle partite non saldate in % su quelle in scadenza o scadute
Abitudini di pagamento
Prosegue il trend relativo alla diminuzione dei DSO (Days Sales Outstanding), infatti nel 2022 i giorni di pagamento sono stati, in media, 55,8 rispetto ai 64,4 del 2012. Questa riduzione è anche un effetto della selezione svolta dai clienti che in epoca post-pandemia si è fatta più stringente, privilegiando i fornitori in grado di chiudere fatture nel più rapido tempo possibile. Questo comportamento spinge le PMI ad accelerare i DSO per essere più competitive.
Per questo motivo calano i giorni concordati, passando dai 57,3 del 2021 ai 55,8 del 2022. Ciò nonostante si osserva un incremento dei giorni di ritardo, dai 7,6 dell'anno precedente ai 7,9 attuali. A livello nazionale si registra una percentuale di PMI pari al 3,4% del totale caratterizzate da un grave ritardo nei pagamenti.
Anche le abitudini di pagamento sono diverse nelle varie zone d'Italia:
- nel Nord-Ovest i giorni di pagamento e quelli concordati sono diminuiti rispettivamente a 63,6 e 56,6, mentre i giorni di ritardo sono aumentati a 7 (dati riferiti al 2022);
- nel Nord-Est i giorni di pagamento e quelli concordati sono diminuiti rispettivamente a 61,1 e 55,6, mentre i giorni di ritardo sono aumentati a 5,6;
- nel Centro i giorni di pagamento e quelli concordati sono diminuiti rispettivamente a 64,3 e 54,8, mentre i giorni di ritardo sono aumentati a 9,5;
- nel Mezzogiorno i giorni di pagamento, concordati e di ritardo sono diminuiti rispettivamente a 68,9, 55,5 e 13,4.
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Rischio prospettico delle PMI
Il report evidenzia come attraverso il Cerved Group Score (CGS) è possibile misurare il livello di rischio delle piccole e medie imprese italiane e stimarne l'evoluzione futura. Questo indice esprime la capacità di onorare gli impegni finanziari assunti: secondo le ultime analisi (2021), in Italia il 23,8% delle PMI è in pericolo. Tra queste aziende alcune sono rischiose (8,2%), mentre altre vulnerabili (15,6%), percentuali che si presuppone aumentino rispettivamente a 9% e 17,9% nel 2022.
Le zone con la percentuale più elevata di imprese in pericolo sono il Mezzogiorno (33,4%) ed il Centro (29,5%), mentre nel Nord-Italia le PMI presentano una struttura economico-finanziaria più solida. Tra le regioni, quelle con la maggior percentuale di piccole e medie imprese rischiose sono il Lazio, la Calabria e la Sicilia. Il Trentino-Alto Adige e la Valle D'Aosta, invece, sono quelle meno rischiose.
Come evitare il rischio
Come emerso dal report di Confindustria, le insolvenze sono un problema persistente e molto serio. Questa generale diminuzione dei DSO non scongiura il rischio di mancato pagamento e le previsioni relative al prossimo biennio non sono delle più rosee.
Se anche tu hai un'impresa e vuoi tutelarti, valuta di sottoscrivere una polizza credito. Con l'assicurazione del credito commerciale si trasferisce il rischio dei mancati pagamenti ad una compagnia di assicurazione. Ma non è tutto. La copertura permette di avere in poco tempo (anche immediato) un feedback sul rischio di solvibilità del cliente con cui si sta trattando e di decidere se concedergli o meno una dilazione del pagamento. Infine, qualora nonostante il benestare della Compagnia, si andasse incontro ad un'insolvenza, la polizza garantisce un rimborso dell'importo non pagato dal cliente (la percentuale di rimborso è variabile secondo Compagnia e condizioni di polizza, ma generalmente compresa fra l'80 e il 90% - importante: il rimborso di un "sinistro" non è una cessione del credito, se la compagnia riuscirà a recuperare tutto si otterrà anche la percentuale mancante).
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Per visualizzare il report completo di Confindustria CLICCA QUI
Fonte: Confindustria