Il vino rappresenta un quarto dell’export del settore agroalimentare; un settore che ha saputo mantenersi in territorio positivo durante il picco della pandemia e che ancora oggi riporta ottime performance. Il nuovo articolo di SACE riconferma l'Italia fra i primi Paesi esportatori, sia in termini di volume che di valore, grazie anche a una consistente crescita dei consumi di vino trainata sia da geografie più consolidate come quella americana, ma anche da destinazioni meno presidiate, ma dall’alto potenziale.
Vino: quando il Made in Italy fa la differenza
I vini sono un comparto rilevante dell’export agroalimentare italiano, rappresentando circa un quarto del suo valore (24,3%), una quota che si è mantenuta relativamente costante nel tempo, seppur in lieve calo rispetto a dieci anni fa. Il comparto ha altresì mostrato una dinamica di crescita pluriennale: negli ultimi dieci anni le esportazioni sono aumentate in media del 5%. Dopo la battuta d’arresto dettata dalla pandemia, le vendite di vino oltreconfine hanno ripreso il cammino di crescita, chiudendo il 2021 con un incremento del 12,4% rispetto all'anno precedente.
Il confronto internazionale, l’Italia al top con i peer europei
Francia, Italia e Spagna si confermano i principali esportatori mondiali di vino in valore. La quota italiana cresce nel tempo e si assesta saldamente al secondo posto, mentre Parigi vede il proprio peso scendere sotto il 30%; segue Madrid, con il 9% delle vendite globali realizzate oltre i confini nazionali. A giocare a favore dei cugini d’oltralpe sono i prezzi dei vini, mediamente più alti di quelli italiani, in particolare nel confronto tra “bollicine” con lo champagne francese da un lato e il prosecco italiano dall’altro.
I dati in quantità, invece, mostrano un quadro differente, dove la quota maggiore è riconducibile alla Spagna (20,2%), seguita strettamente dall'Italia (20,1%), mentre la Francia rappresenta “solo” il 13,7%.
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Le scelte dei consumatori
Le esportazioni sono soprattutto il riflesso delle scelte dei consumatori e il vino è sicuramente uno di quei beni dove le preferenze individuali incidono significativamente sulle tendenze della domanda globale. Per questo motivo è stato condotto dal centro studi di Sace un esercizio che ha tenuto conto delle previsioni sui tassi di crescita medi dei consumi di vino per gli anni 2022 e 2023, incrociandole con la quota di mercato di vino italiano in un determinato Paese; sono stati quindi presi in considerazione i primi venti importatori di vino Made in Italy.
In queste geografie, il consumo di vini è atteso crescere nel biennio 2022-2023 in media del 3,1%, in riduzione rispetto al +3,8% previsto per il biennio precedente, frutto anche di una serie di incognite che gravano sui portafogli dei consumatori, non da ultimo l’intensificazione delle pressioni inflattive. Si confermano mercati dai consumi in crescita sia gli Stati Uniti (primo mercato di destinazione del nostro export di vini), sia quelle geografie (quali ad esempio Cina e Giappone), dove il valore delle vendite di vino italiano è già abbastanza rilevante, ma il presidio ancora non al pieno delle potenzialità.
Spiccano in termini sia di crescita di consumi che di quota di mercato italiana Paesi verso i quali il nostro export in valore è inferiore alle maggiori destinazioni, ma comunque sbocchi “minori” dove le imprese italiane potranno cogliere sempre maggiori opportunità (Norvegia, Finlandia, Messico e, con le cautele del caso, Repubblica Ceca)
La Germania, seconda geografia per valore del nostro export, vede un ottimo presidio da parte delle imprese italiane, sebbene i consumi di vino per il prossimo biennio siano sotto la media di previsione. Canada e Regno Unito rappresentano un buon connubio di consumi e quota di mercato, con un valore esportato che le posiziona al centro del quadro previsionale, con il Regno Unito un passo lievemente indietro per motivi, ancora una volta, legati agli effetti della Brexit. Svizzera e Belgio si presentano come Paesi dove invece il nostro posizionamento enologico oltreconfine sembra destinato a flettersi. Seppure con la grande cautela dettata dalla contingenza e dal perdurare del conflitto bellico - ancora solo parzialmente “scontato” nei dati - il quadro prevede i consumi futuri di vino in Russia in contrazione.
Ciò che anche rende il vino italiano tanto apprezzato e richiesto all’estero è la specializzazione territoriale: ciascuna regione è di per sé un fiore all’occhiello, con peculiarità che si riflettono nelle numerose certificazioni Dop e Igp.Nel 2021 è stato il vino Veneto quello che più di altri ha varcato i confini nazionali (quasi € 2,5 miliardi di esportazioni), grazie in particolare all’ottima performance del Prosecco di Treviso (30% dell’export della regione)
Impatti della guerra in Ucraina
Nel 2021 la Russia ha rappresentato il 12° mercato di destinazione per le esportazioni di vini italiani (con €149 milioni, pari al 2,1% del totale di vini esportati), dietro al Giappone e davanti alla Cina, con una crescita (+18,4% rispetto al 2020) superiore alla media. Questo dato sottostima la presenza dei nostri vini sulle tavole russe se si considera l’import globale russo di vini italiani anche acquistato “indirettamente” via altri Paesi.
Non si possono quindi trascurare gli effetti della guerra sull’economia russa e, di riflesso, sull’andamento futuro delle importazioni di Mosca, nella fattispecie del vino.
Si sono accentuate, ad esempio, le pressioni sui costi delle materie prime che nel caso del settore enologico si possono osservare nell’aumento del costo del vetro, della carta, dell’alluminio e, su un orizzonte di medio termine, anche dei fertilizzanti.
Per quanto riguarda il costo del vetro, gli effetti del conflitto si vanno a innestare in un quadro già critico per il settore, uno dei più energivori dell’economia, in particolare a risentirne è il comparto del prosecco che, a differenza delle altre tipologie di vino, non può “permettersi” risparmi sul peso delle bottiglie. A questi elementi si aggiunge anche la problematica della carta, che per il segmento del vino si riflette in maggiori costi non solo delle etichette, ma soprattutto dei cartoni per l’imballaggio delle bottiglie.
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Fonte: SACE
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