Credendo fornisce un'analisi ambientale per capire l'impatto che quest'ultima può avere nei vari settori aziendali analizzando materiali e pratiche che più vanno a discapito dei settori economici. Il cambiamento climatico è una realtà ormai presente nel nostro quotidiano che comporta impatti di diverso genere sulle aziende. Le calamità naturali si traducono in cambiamenti temporanei o di natura più permanente capaci di distruggere le attività produttive.
Vincitori e perdenti nella transizione verso un mondo più sostenibile
L'esposizione al pericolo climatico può essere determinante nel percorso di sviluppo di un'azienda, il rischio climatico può infatti essere monitorato valutando l'aspetto geografico, il settore in questione e l'intera catena di approvvigionamento. Un esempio è la catena di approvvigionamento in Brasile, Paese colpito dalla siccità che ha danneggiato i raccolti e creato interruzioni nel trasporto fluviale dei minerali di ferro.
Questa valutazione concerne principalmente il rischio diretto del cambiamento climatico, che si va a riflettere nei confronti delle attività e delle aziende che operano in settori compromessi. La transizione verso una produzione sostenibile presenta rischi aggiuntivi che devono essere attentamente considerati in un analisi del rischio credito, in particolare potrebbe comportare l'adattamento a nuove modalità produttive, con costi in crescita, spesso imposte da normative nazionali/internazionali.
Oil & Gas
In questo scenario la COP26 ribadisce l'obbiettivo comune mondiale di monitorare la temperatura globale e non superare un aumento che vada oltre a 1.5°C conformemente all'obbiettivo prestabilito nell'accordo di Parigi. Inoltre sono stati presi dei provvedimenti che hanno impatti diretti sui settori olio e gas, dove tutti i Paesi hanno concordato ad accelerare l'eliminazione progressiva di sussidi ai combustibili fossili "inefficienti".
Altrettanti provvedimenti sono stati presi nel settore del metano e anche sulle politiche del carbon pricing. In particolare quest'ultimo è spesso escluso dalle decisioni di investimenti per i progetti Oil&Gas, soprattutto a causa dei long-term assets, per questo motivo le aziende hanno sottostimato i rischi riguardanti questo aspetto e si sono indebolite a livello finanziario.
Questi aspetti creano la necessità di ulteriori investimenti di capitale, per far fronte ai target di abbattimento delle emissioni che colpiranno particolarmente questi settori. In particolare le nuove società energetcihe che pianificano di fare la transizione verso l'energia rinnovabile continuano al contempo a mantenere attività di Oil&Gas.
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Energia elettrica
In Europa oltre all'impegno del COP26, sarà dato il via ad un significativo ciclo di investimenti per le utilities europee per potenziare le reti energetiche, in seguito al piano di decarbonizzazione dell'EU "Fit 55" nell'ambito del Green Deal Europeo. Tuttavia, il processo richiederà non poco tempo e soprattutto avverrà in modo graduale dato che le tecnologie "verdi" richiedono un periodo più esteso per poter essere implementate e conseguire una riduzione dei costi accompagnata da una garanzia di efficienza.
Credendo d'altra parte analizza i rischi legati all'investimento in queste utilities, in particolare i settori dovranno essere capaci di gestire un equilibrio stabile tra domanda e offerta mantenendo accessibilità e continunando a conservare la redditività, tenendo conto dei vari rischi legati ai permessi legali per l'implemento ed esecuzione di nuovi progetti e anche ad una potenziale interruzione delle catene di approvvigionamento.
Una cosa interessante che emerge da questo report è che Credendo indica che tale transizione significa inoltre che i finanziamenti e gli strumenti e le condizioni a livello assicurativo diventeranno più restrittivi nei confronti del settore carbonifero.
Agroalimentare
Collegandosi al dibattito dell'impegno sul metano, un settore coinvolto direttamente è l'agroalimentare in quanto quest'ultimo è responsabile per circa metà delle emissioni globali di metano. Le Nazioni Unite sostengono che l'introduzione di integratori nei mangimi per bestiame potrebbe ridurre le emissioni fino ad un 20% annuo.
In un altro scenario si prefiggono obbiettivi affrontati anche nel COP26 riguardo alla deforestazione. Questa battaglia vede coinvolti più di 100 leader mondiali nella lotta per l'arresto di questa pratica. Questo fenomeno si è tradotto in due accordi: "Forests, agricolture and commodity trade - a roadmap for action" e "Agricoltural commmodity companies corporeate statement of purpose". Il primo si basa su obbiettivi legati a supporto di piccoli produttori, tracciabilità e trasparenza dei prodotti e ricerca e sviluppo di innovazione, mentre il secondo ha lo scopo di arrestare la perdita di foreste associata alla produzione e allo scambio di derrate agricole.
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Trasporti
Nel settore dei trasporti è stato registrato un incremento di vendite di auto e furgoni a zero emissioni negli ultimi due anni, tuttavia la dichiarazione della COP26 che possa arrivare ad un 100% per il 2035 è ancora lontana anche perchè i più grandi mercati automobilistici non vi hanno aderito.
Per quanto riguarda il settore di trasporti marittimi invece, che non era stato trattato nell'accordo di Parigi, rappresenta uno dei segmenti di trasporti più difficili da decarbonizzare soprattutto a causa delle lunghe tratte che devono percorrere le navi container, le quali non permettono soluzioni sostenibili efficaci. Nonostante ciò, il COP26 è riuscito a conseguire dei progressi effettivi: 22 Paesi hanno infatti concordato l'istituzione di 6 corridoi marittimi a zero emissioni entro il 2025.
Nel settore aereo invece, 23 Paesi hanno siglato un nuovo impegno volto alle riduzioni di CO2 nel traffico aereo al fine di soddisfare i taget delle emissioni globali. In questa transizione il carburante sostenibile giocherà un ruolo trainante nella corsa verso trasporti più green.
Metalli (acciaio, alluminio) e cemento
Credendo sottolinea che le emissioni globali di CO2 legate a metalli e cemento sono stimate con una percentuale pari al 14% - 16%, che vanno quindi a classificarsi tra i metalli industriali a più alta intensità di carbonio. Paesi come USA, Cina, Giappone e Sud Corea hanno adottato obbiettivi volti a ridurre le emissioni a zero entro il 2050. Questo richiederà degli interventi radicali nel modo in cui viene prodotto l'acciaio, infatti i percorsi di produzione classici non hanno ancora raggiunto la maturità tecnologica e non è ancora chiaro quale sarà il processo di produzione sostenibile che verrà adottato in futuro.
Per quanto riguarda il settore dell'alluminio invece, mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo del 1.5°C rispetto ai livelli pre industriali richiederebbe un enorme sforzo e un taglio drastico del 95% alle emissioni di gas serra entro il 2050. Nonostante ciò, le tecnologie e i progetti sostenibili sono promettenti, infatti durante il COP26 è stata annunciata la concreta realizzazione di alluminio a zero emissioni che verrà ufficialmete testato nel 2023.
Conclusione
Credendo con questa pubblicazione verte a fornire un'analisi dei rischi e delle opportunità insiti nella fase di transizione a cui sono esposti alcuni settori che potrebbero essere maggiormente colpiti. Soprattutto viene sottolineato come quest'ultimi reagiranno alle decisioni prese dal COP26 e in generale nelle misure dei piani d'azione prese dai singoli governi o dagli enti internazioanli che mirano a tutelare gli effetti che possono portare ai cambiamenti climatici.
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Fonte: Credendo
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